Via Crucis 11 aprile

Momento di preghiera
Venerdì 11 Aprile 2025 19:00 - 20:15
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Organizzare la Speranza: storie sotto la Croce

Via Crucis animata dal Gruppo Giovani AC

Ambientazione: Entra un giovane con le cuffie. Parte l’audio dell’anno scorso. Silenzio.

Il video di Canzoni contro la paura con le immagini di attualità. Il giovane posa le cuffie vicino alla Croce e si accende una luce.

Giovane: Così ci eravamo lasciati, su quelle note cantate davanti a questo Legno per esorcizzare la paura di non farcela, di non trovare posto in un mondo che lascia indietro chi non è ricco, chi non è all’altezza, chi non è sul pezzo. È cambiato qualcosa? No. Bombe. Sirene. Vuoto. 50.000 morti in Palestina, la strage dei migranti continua, un disagio che porta a gesti estremi, una rabbia che si trasforma in violenza. Ora, come l'anno scorso, come duemila anni fa: tradimento, giudizio, violenza, lutto. Eppure, sono qua: con tutto questo male, con tutto questo buio… guardo le tue braccia spalancate e so che mi chiedi di sperare, anche contro ogni speranza. E non è facile sperare se lo fai sul serio. Perché quello che mi chiedi, non è una fuga dalla realtà ma un’assunzione di responsabilità. Si, perché non basta sperare, bisogna organizzare la speranza. E decido che queste cuffie davvero non mi servono più: perché voglio che l’eco del mondo bussi alla mia porta, entri nel mio cuore, muova le mie mani, spinga in avanti i miei passi, spalanchi i miei occhi. Ora li vedo, sono tanti, gente comune che ha saputo farsi carico, asciugare le lacrime degli esclusi di ogni tempo, sanare il cuore amaro del mondo… a volte con pochi mezzi ma con tutto l’amore di cui è stata capace. Inizio a camminare, la voglio organizzare anche io questa speranza.

Ambientazione: Il giovane esce

 I STAZIONE

 Gesù è condannato a morte e caricato della croce

Organizziamo la speranza con Vincenzo Luciano

Dal Vangelo secondo Matteo (27,24-27.31)

24 Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell'acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: "Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!". 25 E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli". 26 Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. 27 Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. 31 Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.

 Meditazione

C’è un via del dolore che non si consuma fra i vicoli stretti di Gerusalemme, ma fra le onde del Mediterraneo e poi ancora più vicino, sulle spiagge dello Jonio, dietro casa.

Una via Crucis di tutti gli esclusi della storia, di tutti gli stranieri, di tutti gli ostracizzati dal nostro continente, lasciati lì, appena fuori le mura. Sul Golgota o su una spiaggia poco importa. Ci sono voci, storie, vite che ci interpellano e ci disturbano il sonno, o almeno dovrebbero disturbarlo, tormentarlo, toglierlo. Ci sono figli in braccio e madri e padri con notti insonni che scrutano il mare in cerca di un approdo. Ci sono naufragi in cui non si spengono solo vite, ma anche la nostra civiltà. Un poco alla volta. Populismo dopo populismo, slogan dopo slogan, decreto dopo decreto. Ci sono uomini semplici, pescatori, come Vincenzo Luciano che all’alba del 26 febbraio 2023 combatteva con tutte le sue forze per provare a salvare dal mare i naufraghi del caicco Summer Love.

 “C’era il mare forte, facevo fatica a prenderli perché la risacca li riportava di nuovo indietro. Li portavo sulla spiaggia e il mare se li riprendeva…. Una fatica immane. Più alzavo la testa e più sulla spiaggia vedevo una distesa di cadaveri, anche bambini. Non si può morire a 60 metri dalla costa. E non c’era nessuno, allora bisogna chiedere scusa. Io da italiano chiedo scusa

«Lo straniero non passava la notte fuori; le mie porte erano aperte al viandante», dice Giobbe. Alle 04.00, invece, a 50 metri dalla riva, le porte non erano aperte e lo straniero ha passato la notte fuori. Fuori da quello steccato (mai nome fu più beffardo) più alto di un muro. Ma Vincenzo la riaccende la speranza, perché i muri possono essere abbattuti con l’impegno.

Biografia: Vincenzo Luciano è un pescatore 51enne che la domenica mattina, all'alba del 26 febbraio 2023, è diventato suo malgrado il testimone oculare di una delle tragedie più grandi che si siano mai consumate nel mare calabrese: il naufragio di un'imbarcazione partita dalla Turchia con a bordo circa 200 persone che si è spezzata in due a pochi metri dalla riva del litorale di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone. Le autorità italiane, che erano state avvisate della presenza del caicco, non hanno attivato nessuna operazione di soccorso. L'uomo è arrivato per primo sulla spiaggia mentre la piccola imbarcazione con a bordo i migranti stava per essere risucchiata dalle acque.

È arrivato lì insieme a un amico con cui stava per andare a pesca, attirato dalle urla.  Era ancora buio, per cui ha acceso la torcia del telefono e ha visto il disastro. Vincenzo, a rischio della sua stessa vita ha cercato di tirare fuori dall’acqua quanti più cadaveri ha potuto, molti erano bambini. Da allora per lui il mare non è stato più lo stesso, la vita non è stata più la stessa.

Link: https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2023-03/steccato-di-cutro-spiaggia-naufragio-testimonianza-pescatore.html

 II STAZIONE

Gesù cade sotto il peso della Croce

Organizziamo la speranza con Caterina

 Dal Vangelo secondo Matteo (11, 28-30)

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita30Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio peso leggero".

Meditazione

Il sole filtrava attraverso le sbarre con la timidezza di chi sa di non essere il benvenuto. Ogni mattina, nel laboratorio in fondo al corridoio della sezione femminile, il rumore delle macchine da cucire rompeva il silenzio greve del carcere. Non era solo un rumore: era un battito, un segnale di vita. Caterina ci arrivò un po’ per caso e un po’ per disperazione. La sua storia era fatta di errori, cadute, rabbia e di troppe porte sbattute in faccia. Ma lì, tra pezze di tessuto colorato e scarti di stoffa destinati alla pattumiera, trovò qualcosa che somigliava alla speranza. “All’inizio pensavo fosse solo un passatempo,” raccontava, mentre le mani cucivano con la precisione di chi ha finalmente imparato ad ascoltare. “Poi ho capito che stavo cucendo anche un pezzo nuovo di me.” Essere giovani è spesso un peso, perché chi ti sta intorno ti carica delle sue aspettative. E in questa corsa alla perfezione, vorremmo non cadere mai; ma la verità è che perfetti non siamo, siamo fragili e basta poco: un intoppo, una delusione, un incidente, una scelta sbagliata…e inciampiamo, e cadiamo. Allora l’ago e il filo di Caterina, la paziente ricucitura di una vita tutta sbagliata agli occhi degli altri, ti suggerisce che c’è qualcosa di poetico nel trasformare scarti in bellezza, ferite in arte, cadute in ripartenze… Che c’è sempre tempo per trasformare un passato fatto di errori in futuro colorato di speranza.

Biografia

Made in carcere nasce nel 2007 grazie a Luciana Delle Donne con lo scopo di produrre manufatti “diversa(mente) utili”: borse, abiti e accessori, originali e tutti colorati, confezionati da donne detenute nella Casa Circondariale di Lecce, alle quali viene offerto un percorso formativo, con lo scopo di un definitivo reinserimento nella società lavorativa e civile. Protagonisti di questo sogno, oltre alle donne, sono anche uomini e minori in stato di detenzione, o sottoposti a limitazioni della libertà personale. Made in carcere, formando e retribuendo il lavoro delle persone detenute, si propone di costruire un nuovo modello di economia sociale di tipo “circolare”, cioè che sia capace di autosostenersi in un regime di libera concorrenza, sostenendo inoltre l’ambiente attraverso il recupero di sfridi e materiale tessile scartato dalle imprese e che diventa materia prima per la lavorazione in carcere, materiale che altrimenti sarebbe trasferito negli inceneritori.

Link: www.madeincarcere.it

 

III STAZIONE

 Gesù incontra sua madre

Organizziamo la speranza con Lucia

 Dal Vangelo secondo Luca (2,33-35)

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: "Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35- e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori".

 Meditazione

Era l’alba del 6 settembre 2020 quando una spada ha trafitto l’anima di Lucia, come fu ai piedi della Croce per Maria: Willy muore per le botte ricevute da un gruppo di giovani poco più grandi di lui. E sempre una mattina, nel silenzio di quel cuore trafitto da un dolore così grande, Lucia Monteiro Duarte ascolta la sentenza che condanna ad una vita di carcere gli assassini di suo figlio, quei ragazzi che dovrebbe odiare, ma nei confronti dei quali riesce ancora a pronunciare parole di madre: “Anche se in carcere, spero che questi ragazzi apprezzino di essere vivi. E finché c’è vita c’è sempre la speranza di essere migliori”. Lucia lo sa, quei ragazzi sono l'emblema di una generazione che ha perso il valore della vita per strada. Ma sa anche che a tradire quei ragazzi è stata un’altra generazione, quella di adulti che hanno riempito il vuoto nello stomaco dei loro figli con quintali di cose da ostentare…la macchina, il fisico perfetto, la forza, l’arroganza di possedere il mondo. Non sapremo mai se Marco, Gabriele, Mario e Francesco potranno mai perdonarsi, forse no. Intanto Lucia, a nome di tutti, li perdona, sperando che, una volta da soli, chiedano perdono e si perdonino, “perché - dice Lucia - “il silenzio del cuore è il linguaggio del luogo dove ora si trova Willy”. «Va’, poesia: Prendi le mie braccia per abbracciare il Mondo, dammi le tue braccia perché io possa abbracciare la Vita». Così scrive Amilcar Cabral racchiudendo in pochi versi due vite indissolubilmente intrecciate: quelle di una madre e di un figlio separati precocemente che hanno saputo abbracciare il mondo, abbracciare la vita, anche quando ogni speranza di perdono sembrava lontana.

Biografia

Willy è un ragazzo italiano di origine capoverdiana. La notte del 6 settembre 2020 a Colleferro, vicino Roma, è stato pestato a morte mentre cercava di placare una rissa per difendere un amico dai fratelli Marco e Gabriele Bianchi, lottatori esperti di MMA e karate, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia arrestati poco dopo l'aggressione. Willy amava il calcio, sognava di indossare la maglia della Roma di cui era tifosissimo e nel frattempo lavorava come cuoco. Il giorno dell’omicidio aveva staccato a mezzanotte e mezza, poi era andato a prendere gli amici per uscire. Non beveva e non fumava ed era sempre lui a guidare. Un ragazzo serio di cui tutti si fidavano, sia gli amici sia i loro genitori.

Lucia Monteiro Duarte è la mamma di Willy, una donna minuta, cattolica, consapevole che “non si doveva allora e non si deve oggi rispondere con l’odio, perché, quando sei travolto da una tragedia di queste proporzioni, generata da tanto male e rabbia, rispondere con la vendetta alimenta una catena d’odio senza fine. Allora io mi dico che perpetro il male, se ripago con la stessa moneta, facendo del male a coloro che mi hanno strappato un figlio. Bisogna invece formare una catena di pace, altrimenti rimaniamo sempre gli stessi e perdiamo l’umanità in un mondo già devastato da troppe guerre e odio”. Papa Francesco ha indicato Lucia come un esempio da seguire.

Link:

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2024-12/willy-duarte-monteiro-dono-natale-perdono-figlio-assassinio.html

https://www.fanpage.it/roma/chi-era-willy-monteiro-duarte-il-21enne-ucciso-a-colleferro-gran-lavoratore-e-tifoso-della-roma/

https://www.youtube.com/watch?v=USPX0n6FGPo

 IV STAZIONE

Gesù è aiutato a portare la croce da Simone di Cirene

Organizziamo la speranza con Simone

 Dal Vangelo secondo Luca (23, 26)

26Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.

 Meditazione

Ci sono incroci dell’esistenza in cui capita di incontrare persone comuni che transitano sulle strade di un’umanità distratta, capaci di mettere da parte la propria storia personale per farsi carico di quella di un altro. Come Simone Baldini una vita normale, tanti amici, una famiglia unita. Una partita di calcetto, l’ultima. Da quel momento non camminerà più. Simone, un ragazzo come tanti, sedici anni e tante speranze che sembrano infrangersi sulla sedia a rotelle per una grave malattia. Tutto sembra irrimediabilmente compromesso, ma la speranza fa irruzione nella storia. La riabilitazione e i primi miglioramenti. E, quando l’Emilia-Romagna è colpita dall’alluvione, il primo della schiera degli angeli del fango è proprio lui: Simone. "C'era solo da spalare. Io in sedia a rotelle, nel bisogno eravamo tutti uguali", ha detto… Sulla sedia a rotelle, tra le onde di un mare che i palazzi non possono arginare, su quell’asfalto scivoloso, a salvare la gente disperata, che ha perso tutto, c’è lui. Cireneo su una moderna via della croce. Ancora un Simone, ancora un Cireneo forse non al massimo della potenza fisica, ma di certo traboccante di voglia di condividere con gli altri la grazia ricevuta e non il dolore provato. In una sola parola: un grido di Speranza.

Biografia

Simone Baldini, atleta paralimpico è Cavaliere della Repubblica premiato dal presidente Mattarella per "l'immediata disponibilità offerta alle popolazioni alluvionate dell'Emilia Romagna" nel maggio2023. Simone Baldini, soprannominato "Iron Baldo", nato a Roma, vive tra San Marino e Pesaro. Dal 1997 è in sedia a rotelle a causa di un virus al midollo spinale. In quei giorni difficili dell'alluvione, armato di pala, aiutò gli altri volontari a spalare il fango nonostante la sua disabilità.

Link: https://www.rainews.it/tgr/marche/articoli/2024/02/simone-baldini-cera-solo-da-spalare-io-in-sedia-a-rotelle-nel-bisogno-eravamo-tutti-uguali-onorificenza-merito-presidente-repubblica-08d0f340-dece-4c54-8570-fe079af104a2.html

instagram - ironbaldo81

 

V STAZIONE

 La Veronica asciuga il volto di Gesù

Organizziamo la speranza con Sofia

Dal Libro dei Numeri (6, 24-26)

24 Il Signore ti benedica e ti protegga! 25 Il Signore faccia risplendere il suo volto su di te e ti sia propizio! 26 Il Signore rivolga verso di te il suo volto e ti dia la pace!

 Meditazione

La vita è un cerchio, si apre e si chiude in un momento preciso della storia, della tua storia, per farle acquistare senso e pienezza. Così è stato per Sofia, una giovane come tante che nella sua quotidianità, come la veronica, incontra la malattia e si scopre capace di cura. Nell’Hospice pediatrico della sua città è arrivata quasi per caso, dopo un convegno all’Università, e dall’incontro con il Volto della sofferenza, dice di avere imparato due cose “La prima è dare importanza al tempo. In un contesto sociale frenetico come il nostro, dove siamo sempre impegnati a seguire scadenze e obiettivi” Sofia, nuova veronica, ci insegna “a ‘stare nel tempo’ e a recuperare la dimensione del silenzio”…Sulla via della Croce anche lei ha scoperto che il silenzio a volte è più significativo delle parole perché, quando ti confronti con la vita che finisce “è più importante esserci e ‘stare’ piuttosto che parlare”; come quel martedì in cui ha trovato la stanza del piccolo Leonardo vuota: “Ho sentito il bisogno di ‘chiudere il cerchio’ e sono andata a salutare Leonardo”.  È giovane Sofia e nelle mani e nel cuore ha l’entusiasmo di quegli anni in cui la tua vita diventa lino bianco per asciugare le ferite e per imprimerle nella propria memoria. “Vivete la vita in modo denso” - scriveva don Tonino Bello - perché “Un giorno vi scalderete alla brace divampata nella vostra giovinezza. C'è tantissima gente che mangia il pane bagnato col sudore della fronte dei sognatori. Meno male che ci sono dei pazzi da slegare, da mettere in circolazione perchè vadano a parlare di grandi utopie. Non siate inutili, siate irripetibili”.

Biografia

Sofia ha 24 anni è milanese e fa la volontaria in VIDAS. Laureata in filosofia ha scelto di donare il suo tempo al volontariato in un hospice pediatrico.  “VIDAS mi ha insegnato due grandi cose,” racconta Sofia. “La prima è dare importanza al tempo. In un contesto sociale frenetico come il nostro, dove siamo sempre impegnati a seguire scadenze e obiettivi, VIDAS mi ha insegnato a ‘stare nel tempo’ e a recuperare la dimensione del silenzio.” Sofia ha molti ricordi preziosi ma uno le ha fatto capire il senso del suo volontariato, conosce Leonardo e la sua giovane mamma. Un giorno arriva in stanza e la trova vuota, il saluto con Leonardo, circondato dai suoi giochi è stato straziante ma è stato il momento in cui ha capito il senso del suo servizio. Questo confronto diretto con la perdita è stato una spinta.

Link: https://www.vidas.it/volontaria-chiudere-il-cerchio/

 VI STAZIONE

Gesù è spogliato delle vesti

Organizziamo la speranza insieme ai ragazzi del Rione Sanità

 Dal Vangelo secondo Giovanni (19, 23-24)

23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti - una per ciascun soldato -, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra loro: "Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca". Così si compiva la Scrittura, che dice: Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.

 Meditazione

Ci sono interi quartieri delle nostre città che spogliamo di qualsiasi possibilità di futuro e copriamo con il velo dell’indifferenza, condannandone i giovani a una vita senza riscatto. A Napoli, un prete don Giuseppe, un giovane artista di fama internazionale Jago e un gruppo di giovani, hanno svelato al mondo la bellezza scolpita in un blocco di marmo firmato prima dagli abitanti del Rione Sanità e poi plasmato in una moderna Pietà: Cristo scolpito con le fattezze di un bimbo spogliato delle vesti, ucciso da una bomba, in braccio a suo padre. Le mani sono quelle di Jago che in cerca di un posto in cui svelare al mondo i suoi capolavori, è arrivato nel cuore dimenticato di Napoli, in una chiesa in cui nessuno diceva più messa: "Era la casa di una trentina di piccioni che avevano abitato magnificamente questo spazio. La mia fortuna è stata quella di intercettare dei visionari": dodici ragazzi che si sentivano dire solo: “Alla Sanità non si può restare” e che, invece, per uno strano gioco di parole, con la Cooperativa La Sorte sono “riusciti a riscrivere questo destino che sembrava inevitabile attraverso la bellezza e l'arte". Dove gli spazi diventano luoghi, si fa strada la possibilità di "restare" che è sinonimo di abitare luoghi, restituire dignità, ridare voce ad un territorio considerato perso. “Restare”, come i nostri giovani, significa non accettare con rassegnazione quello che la nostra città può o non può offrirci, ma attivarsi per cambiare la storia, per dare senso e vita a quel richiamo che, in una parola, si chiama Bellezza. Sono bellissimi quei marmi bianchi di Jago, quelle venature, il reticolo di vene e muscoli, le ciocche dei capelli, le nocche delle mani scolpite, ma il vero capolavoro sono i ragazzi del Rione Sanità. C'è ancora speranza per la nostra terra, amara e bella, e passa dai giovani.

 Biografia

La Cooperativa la Sorte è un sogno che parte dal basso e punta a creare lavoro attraverso la valorizzazione delle bellezze del Rione Sanità. Fondata da dodici ragazzi che si sono uniti ai progetti della Cooperativa la Paranza. Tutti residenti nel quartiere, hanno riqualificato tre chiese abbandonate, hanno allestito una palestra di boxe in sacrestia, hanno aperto centri educativi e accolgono le opere di Jago e tutti i visitatori che vengono da ogni parte del mondo per ammirarle. Con il loro lavoro (sono più di cento dipendenti oggi), la loro audacia e lo studio hanno riscattato una delle zone più emarginare del centro storico di Napoli.

Link: https://catacombedinapoli.it/it/news-rione-sanita-napoli/nasce-la-sorte-cooperativa-comunita/

https://www.rainews.it/tgr/campania/video/2023/05/rione-sanita-riqualificazione-museo-jago-la-paranza-340e7bfe-5dde-4aef-9d97-9563c9f96b5a.html

 

VI STAZIONE

 Gesù è inchiodato sulla croce

Organizziamo la speranza insieme a Ylahm, Rachel e Elham

 Dal Vangelo secondo Giovanni (19,25-27)

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". 27Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé.

 Meditazione

Pensavano davvero di averti fermato su quel legno. Tu, invece, da quella carne trafitta affidi la speranza a un giovane e a una madre: il futuro e la tenerezza. Il futuro che in Terra Santa appare negato. La tenerezza di tre donne di tre popoli, tre differenti religioni, ma unite dall’infaticabile ricerca della Pace. Ylahm, 84 anni, figlia di una famosa poetessa palestinese, cattolica, soprannominata “la sorridente signora Umm al-Orange”, per via del colore rosso dei capelli, una delle persone più amate di Gaza. Aveva cercato rifugio nella chiesa cattolica della Sacra Famiglia, che dall’inizio del conflitto ha aperto le porte a migliaia sfollati. È morta sotto il fuoco dei cecchini israeliani mentre provava a recuperare qualche abito dal suo appartamento, è rimasta agonizzante due giorni. Lei che ha cresciuto intere generazioni di gazawi insegnando la musica e la gioia, diceva sempre che Dio l'avrebbe protetta. Sì, Dio l’ha protetta, l’ha benedetta, l’ha preferita. 

Rachel, mamma di Hersh, uno dei civili rapiti il 7 ottobre e ucciso a Gaza, continua a non cedere al desiderio di vendetta. La sua storia ha fatto il giro dei social, tanto da arrivare ad essere ricevuta da papa Francesco. «Soffro terribilmente per i civili a Gaza: quando vedo un bambino estratto dalle macerie penso che soffrano come mio figlio. Non mi è difficile provare empatia per tutti, non è una competizione nel dolore. A chi mi chiede come faccio a credere ancora in Dio, rispondo che il mio rapporto con Lui è ancora più forte e non saprei come non credere». Elham, energica musulmana di Betlemme che ha fondato l’associazione “Sulla via del bene” per aiutare chi è vittima dell’occupazione e, ora, chi è sotto le bombe a Gaza.  Elham non fa distinzioni «perché i poveri sono tutti uguali agli occhi di Dio». Anche lei, come Ylahm ha aiutato intere generazioni: «Non ho fatto tutto da sola, però so che quando morirò questa sarà la mia eredità: il bene». La Croce ha vinto la morte, ma non ha eliminato l’odio…semplicemente ci ha dato gli strumenti per sapere come trasformarlo. Ylahm, Rachel e Elham, ai piedi della Croce, ci insegnano a disarmare il cuore.

 Biografia

Ylahm Farah, figlia della famosa poetessa palestinese Hanna Dahdah Farah, cattolica di Gaza era una delle persone più amate della città. Soprannominata “la sorridente signora Umm al-Orange”, per via del colore rosso dei capelli, ha cresciuto generazioni di gazawi nell’amore per la musica. Non ha mai lasciato la Striscia: ha scelto di rimanere nel 2007, nonostante i continui scontri, ha ripetuto questa scelta a ottobre quando i fondamentalisti di Hamas hanno dato il via a un’escalation che nessuno poteva immaginare. Aveva cercato rifugio nella chiesa cattolica della Sacra Famiglia, che fin dall’inizio del conflitto ha aperto le porte a migliaia sfollati. A Gaza, sotto il fuoco dei cecchini israeliani, Ylahm è morta. Il 12 novembre, durante la tregua, ha provato a raggiungere il suo appartamento per recuperare qualche abito invernale ed è stata colpita alle gambe. Ha avuto la lucidità di avvisare col cellulare alcuni amici e la nipote, ma è stato impossibile aiutarla. Per due giorni è rimasta a terra, ferita, mentre i cecchini facevano fuoco su chiunque si avvicinasse.

Rachel Goldberg Polin, mamma di Hersh, uno dei civili rapiti il 7 ottobre ucciso a Gaza. Rachel non cede al desiderio di vendetta. Dopo essere stata ricevuta anche da papa Francesco, ha lanciato una campagna social per chiedere di mettere un nastro adesivo sul cuore dove segnare i giorni trascorsi dal sequestro dei civili israeliani. «Soffro terribilmente per i civili a Gaza: quando vedo un bambino estratto dalle macerie penso che soffrono come mio figlio in ostaggio. Non mi è difficile provare empatia per tutti, non è una competizione nel dolore. Ciò che mi fa andare avanti sono il sostegno che ci arriva da tutto il mondo, e la preghiera. A chi mi chiede come faccio a credere ancora in Dio, rispondo che il mio rapporto con Lui è ancora più forte e non saprei come non credere»

Elham, energica vedova musulmana palestinese che da mesi riesce con fatica a far entrare aiuti a Gaza. Nata e cresciuta in Cisgiordania, un passato da assistente sociale presso l’Autorità Nazionale Palestinese, ha fondato l’associazione “Sulla via del bene”, che offre assistenza a donne divorziate, vedove e orfani palestinesi. Elham è sostenuta da Associazione Pro Terra Sancta, da sempre a fianco dei cristiani della regione, onlus per la quale lavora la nostra giovane Annalisa Greco.

 Link: https://www.clonline.org/it/attualita/articoli/2024-01-25-terra-santa-storie

https://www.proterrasancta.org/it/news/elham-sui-passi-della-speranza-per-le-famiglie-di-gaza

 

VIII stazione

Gesù muore in croce

Dal vangelo secondo Luca (27, 44-44)

44Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, 45perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. 46Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". Detto questo, spirò.

 Silenzio

IX stazione

Gesù risorge dalla morte

 Dal Vangelo secondo Matteo (28, 1-7)

1 Dopo il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l'altra Maria andarono a visitare la tomba. 2Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 3Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. 4Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. 5L'angelo disse alle donne: "Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. 6Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. 7Presto, andate a dire ai suoi discepoli: "È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete". Ecco, io ve l'ho detto".

 Meditazione

Un ultimo eroe del quotidiano. Un uomo forte, nato “quasi alla fine del mondo”. Un nome ricapitola il suo manifesto programmatico: Francesco. Madonna Povertà la chiave per riformare una Chiesa arroccata su antichi privilegi e riportarla alla sua credibilità e alla sua identità di Madre accogliente nei confronti di tutti. Tutti fratelli: nessuno escluso. È lui che, anche dal letto dell’ospedale che lo ha accolto per oltre quaranta giorni, osa ancora parlarci di Speranza. Nonostante la grave disabilità fisica, non si stanca di invocare la pace, perché in ospedale, lì dove la malattia spesso uccide indistintamente giovani, vecchi, bambini, “la guerra appare ancora più assurda”. Con gioia per il suo graduale ritorno alla vita pubblica e gratitudine per il suo coraggioso e indefesso impegno, ascoltiamo le sue parole, tratte dalla Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’anno 2025, Spes non confunditÈ […] lo Spirito Santo, con la sua perenne presenza nel cammino della Chiesa, a irradiare nei credenti la luce della speranza: Egli la tiene accesa come una fiaccola che mai si spegne, per dare sostegno e vigore alla nostra vita. La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino. (3) Gesù morto e risorto è il cuore della nostra fede. […] Per noi è passato attraverso il dramma della morte. […] La speranza cristiana consiste proprio in questo: davanti alla morte, dove tutto sembra finire, si riceve la certezza che, grazie a Cristo, alla sua grazia che ci è stata comunicata nel Battesimo, «la vita non è tolta, ma trasformata», per sempre. (20) Cosa caratterizzerà dunque tale pienezza di comunione? L’essere felici. La felicità è la vocazione dell’essere umano, un traguardo che riguarda tutti. Che cos’è la felicità? Quale felicità attendiamo e desideriamo? Non un’allegria passeggera, una soddisfazione effimera che, una volta raggiunta, chiede ancora e sempre di più, in una spirale di avidità in cui l’animo umano non è mai sazio, ma sempre più vuoto. Abbiamo bisogno di una felicità che si compia definitivamente in quello che ci realizza, ovvero nell’amore, così da poter dire, già ora: «Sono amato, dunque esisto; ed esisterò per sempre nell’Amore che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi» (21). Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza (1)

Canzone e video finale

 

 

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"Date e vi sarà dato"

La fede senza le opere è morta, dice San Giacomo. Pertanto il sito offre la possibilità di dare un contributo concreto per venire incontro ad alcune situazioni di particolare bisogno nella parrocchia e raccogliere offerte per aiutare i poveri e le vittime della guerra nel mondo.

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